1. Premessa.
La travagliata introduzione nel nostro ordinamento delle disposizioni che modificano il regime delle intercettazioni di comunicazioni, introducendo tra l’altro la possibilità di eseguire le stesse per mezzo del captatore informatico, ha posto all’interprete una serie di questioni piuttosto spinose circa il momento di entrata in vigore delle nuove regole sull’uso di questo nuovo strumento. Tutto ha avuto inizio con la l. 23 giugno 2017, n. 103, il cui art. 1, comma 82, delegava il Governo ad apportare modifiche, tra l’altro, alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni e comunicazioni, delega attuata dall’esecutivo con il d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216. Gli artt. 4, 6 e 9 d.lgs. n. 216/2017 sono stati però ripetutamente modificati in questi anni da disposizioni che hanno generato una gran confusione. Non ha contribuito a fare chiarezza neppure l’introduzione delle nuove norme della c.d. “legge spazzacorrotti” (l. n. 3/2019).
In un articolo recentemente pubblicato su Processo penale e giustizia (n. 5/2000) spiego per quali ragioni ritengo che per tutti i reati, sia quelli comuni, sia quelli di criminalità organizzata, sia quelli contro la pubblica amministrazione, questa modalità di intercettazione possa applicarsi solo ai procedimenti penali iscritti dopo il 31 agosto 2020.
2. Il nodo interpretativo.
Il principale problema da affrontare è quello inerente il rapporto tra le nuove disposizioni legislative e l’orientamento giurisprudenziale affermatosi con la sentenza Scurato della Corte di cassazione, Sezioni unite penali, e rafforzatosi con la sentenza pronunciata sul ricorso del dott. Palamara dalla Corte di cassazione, Sezioni unite civili. Si tratta di due pronunce che, come osservato dalla migliore dottrina, si pongono in aperto contrasto con la riserva di legge stabilita dall’art. 15 Cost., in quanto forzano – con un’interpretazione analogica – la portata dell’art. 13 d.l. 152/1991.
L’introduzione delle nuove disposizioni manifesta che lo stesso legislatore ha avvertito la necessità di dare una base legale esplicita all’intercettazione mediante captatore informatico anche quando si procede per reati di criminalità organizzata e contro la pubblica amministrazione, evidentemente perché anche secondo il Parlamento il decreto legge del 1991 non gliela garantiva, con ciò smentendo l’orientamento della Corte di cassazione e rafforzando il dubbio che siffatta interpretazione violi la riserva di legge.
Peraltro il nuovo dato testuale smentisce la sentenza Scurato sia nella individuazione dell’insieme “reati di criminalità organizzata”, escludendo quelli di cui all’art. 416 c.p., sia nel punto in cui ritiene possibile per il giudice individuare i luoghi e il tempo, anche indirettamente determinati, in relazione ai quali è consentita l’attivazione del microfono, con ciò smentendo l’opinione che la legge si sia limitata a cristallizzare il diritto vivente.
3. L’interpretazione costituzionalmente orientata.
Dirimente è l’osservazione per la quale, a voler ritenere utilizzabili le intercettazioni con captatore informatico disposte in procedimenti iscritti prima del 31 agosto 2020 sulla base dell’interpretazione giurisprudenziale sopra citata si genererebbero inaccettabili disparità di trattamento. Si prendano ad esempio due ipotetici procedimenti penali, n. 1 e n. 2, iscritti entrambi il 1° maggio 2020 per un reato compreso nell’art. 51, comma 3-bis, c.p.p. Nel mese di giugno 2020, nel procedimento n. 1 il giudice ha autorizzato l’uso del captatore informatico per intercettare le conversazioni tra presenti anche nel domicilio, richiamandosi all’orientamento Scurato. Nel procedimento n. 2 invece l’esigenza di intercettare mediante captatore informatico emerge solo nel mese di settembre 2020: in esso – che è un procedimento iscritto prima del 31 agosto 2020 – il giudice non potrebbe autorizzare l’uso del captatore se non ricorrendo ad una interpretazione che abroghi l’art. 9 d.lgs. n. 216/2017 (che differisce l’operatività delle nuove disposizioni ai procedimenti iscritti dopo il 31 agosto 2020). Oppure si pensi a due soggetti indagati per una fattispecie associativa semplice ai sensi dell’art. 416 c.p. in due procedimenti distinti, il primo iscritto il 30 agosto 2020 e il secondo iscritto due giorni dopo, il 1° settembre 2020: a ritenere diritto vivente efficace la dottrina Scurato, dovremmo ritenere che nel primo procedimento possano essere disposte intercettazioni mediante captatore informatico e nel secondo no!
È fin troppo evidente la clamorosa disparità di trattamento, ingiustificabile ai sensi dell’art. 3 Cost., che si genererebbe equiparando la giurisprudenza creativa alla legge positiva 32, perché la prima, come fonte del diritto, non sottostà alle normali regole di successione di leggi nel tempo: in fin dei conti, essa prende le mosse dalla finzione che la norma ricavata dalla disposizione interpretata sia sempre stata là e dovesse solo essere scoperta. L’unica soluzione che può salvare il principio di eguaglianza è ritenere inammissibile l’uso del captatore informatico in tutti i procedimenti iscritti prima del 31 agosto 2020.
4. Rinvio.
Oltre a questa lettura costituzionalmente orientata, nel mio contributo è diffusamente esplicato l’iter interpretativo che consente di arrivare alle predette conclusioni partendo dal nudo dato testuale.
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