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Il Finanziamento garantito dallo Stato previsto dal c.d. “Decreto Liquidità” può essere usato per finalità diverse senza commettere reato

La Corte di cassazione ha ritenuto che non integri il delitto di malversazione ai danni dello Stato usare irregolarmente le somme ottenute con un finanziamento garantito dallo Stato medesimo.

di Mauro Trogu

Premessa

La pandemia da cui stiamo faticosamente tentando di uscire ha rappresentato una variabile che molte imprese non sono state in grado di affrontare e superare. Lo Stato ha cercato di mettere in campo strumenti di sostegno alle imprese e alle loro esigenze di liquidità. Le difficoltà talvolta hanno reso difficile fare un uso pienamente regolare del finanziamento garantito dallo Stato.

Nel caso in esame era appunto capitato che una società a responsabilità limitata avesse ottenuto un finanziamento garantito dallo Stato, pari a euro 25.000, a norma del c.d. Decreto liquidità (d.l. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con l. 5 giugno 2020 n. 40). Come noto, si tratta di un finanziamento pensato per favorire i livelli occupazionali, evitare il fallimento o la crisi delle imprese nell’epoca della pandemia da Covid-19, o per finalità strettamente connesse a queste finalità.

Tuttavia, l’amministratore della società beneficiaria del finanziamento, dopo aver incamerato i soldi, li avrebbe trasferiti su conti personali propri e delle figlie. Egli si trovava così sottoposto a un’indagine penale per malversazione ai danni dello Stato (art. 316-bis c.p.), con il sequestro delle somme indebitamente utilizzate.

Illegittimo il sequestro di somme erogate con il finanziamento garantito dallo Stato

La difesa impugnava il decreto di sequestro preventivo prima con l’istanza di riesame, respinta, e poi con il ricorso per cassazione.

Secondo la tesi difensiva il delitto di malversazione ai danni dello Stato non sussisterebbe per mancanza degli elementi costitutivi. Invero, detto reato è integrato solo quando la somma di denaro usata per finalità diverse da quelle prescritte è erogata direttamente dallo Stato, da un altro ente pubblico, o dall’Unione europea.

Nel caso di specie il finanziamento garantito dallo Stato era stato erogato da un Istituto di credito, soggetto avente natura privatistica; solo la garanzia per la restituzione del finanziamento era stata prestata attraverso la SACE s.p.a., società controllata indirettamente dallo Stato.

Il Tribunale del riesame non aveva accolto il medesimo motivo fornendo in sostanza una interpretazione analogica della norma incriminatrice, operazione notoriamente vietata in ambito penalistico. Infatti, secondo il Tribunale del riesame l’uso del c.d. “finanziamento Covid” per finalità diverse integrerebbe il delitto contestato stante la “matrice pubblicistica” impressa all’operazione finanziaria dalla garanzia prestata dalla SACE s.p.a.

La decisione della Corte di cassazione

La suprema Corte di legittimità invece ha accolto il ricorso sulla base di un condivisibile ragionamento, di seguito riassunto (puoi leggere la sentenza integrale qui https://www.cortedicassazione.it/cassazione-resources/resources/cms/documents/22119_06_2021_no_index.pdf).

In primo luogo la Corte chiarisce che il d.l. 8 aprile 2020, n. 23 aveva senz’altro la finalità di assicurare un minimo di liquidità alle imprese messe in crisi dalla pandemia da Covid-19, facilitando l’accesso a finanziamenti agevolati, assistiti dalla garanzia rilasciata dalla SACE s.p.a. in favore degli istituti finanziatori. Il finanziamento deve essere destinato per legge a coprire costi del personale, canoni di locazione o di affitto di ramo d’azienda, pagamenti di rate di finanziamenti scadute, etc.

In secondo luogo la Corte rammenta la ratio e gli elementi costitutivi del delitto contestato. Quanto alla prima, il delitto di malversazione ai danni dello Stato vuole tutelare la corretta gestione e utilizzazione delle risorse pubbliche volte a incentivare l’attività economica. Quanto ai secondi, sono l’erogazione diretta da parte dello Stato o di altro ente pubblico in favore di un soggetto estraneo alla pubblica amministrazione di finanziamenti, contributi, sovvenzioni destinati a opere e attività di pubblico interesse.

La Corte, conseguentemente, conclude per l’insussistenza del delitto contestato nel caso di specie. Infatti nel caso in esame manca l’erogazione del finanziamento da parte dello Stato o di altri organismi di diritto pubblico.

Considerazioni sul regime giuridico del finanziamento garantito dallo Stato

Possiamo qualificare come “mutuo di scopo” il finanziamento garantito dallo Stato in forza del c.d. “Decreto liquidità”. Da ciò consegue che la mancata restituzione delle somme prestate e usate per finalità differenti rilevi solo in sede civile. Invero, se il beneficiario non destina le somme alle finalità concordate con il soggetto mutuante o previste dalla legge, allora egli potrà dirsi inadempiente. Conseguentemente la banca potrà agire per ottenere la risoluzione del contratto per inadempimento. Le somme erogate dovranno quindi essere restituite e la parte inadempiente potrà essere condannata anche al risarcimento dell’eventuale ulteriore danno.