La Corte di Cassazione (con l’ordinanza n. 21752 del 9/10/2020) ha confermato l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne in capo al padre a prescindere dall’età.
La vicenda
Il caso sottoposto all’attenzione della Corte nasce dall’obbligo al mantenimento del figlio maggiorenne, ma non autosufficiente economicamente, disposto nella sentenza di separazione dei coniugi.
Nel ricorrere in cassazione l’uomo lamentava che:
- la moglie aveva un reddito maggiore del suo;
- egli è incapace al lavoro in quanto disabile;
- la casa famigliare è stata assegnata alla moglie per viverci con la prole.
L’avvocato poneva sopratutto in rilievo l’età del ragazzo – 27 anni – chiedendo che venisse attentamente comparato l’obbligo del mantenimento del figlio maggiorenne alla luce delle «condizioni economiche dei genitori».
Il diritto vivente sull’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne
Salve le situazioni di minorazione fisica o psichica altrimenti tutelate dall’ordinamento, l’obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne cade allorquando i figli:
- si siano già avviati ad un’effettiva attività lavorativa tale da consentir loro una concreta prospettiva d’indipendenza economica;
- siano stati messi in condizioni di reperire un lavoro idoneo alle loro esigenze di vita;
- abbiano ricevuto la possibilità di conseguire un titolo sufficiente ad esercitare un’attività lucrativa, pur se non abbiano inteso approfittarne;
- abbiano raggiunto un’età tale da far presumere il raggiungimento della capacità di provvedere a sé stessi;
- si sia inserito in un diverso nucleo familiare, in tal modo interrompendo il legame e la dipendenza morali e materiali con la famiglia d’origine.
In sostanza, è necessaria l’attivazione del figlio nella ricerca di un lavoro, volto ad assicurargli il sostentamento autonomo, anche qualora tale lavoro non sia quello sognato, in attesa dell’auspicato reperimento di un impiego più aderente alle proprie aspirazioni.
Il concetto della c.d. capacità lavorativa
La capacità lavorativa va intesa come adeguatezza a svolgere un lavoro remunerato.
Di regola si acquista con la maggiore età, quando la legge presuppone raggiunta l’autonomia ed attribuisce piena capacità lavorativa da spendere sul mercato del lavoro.
Il figlio maggiorenne che ha acquisito la capacità lavorativa deve dimostrare l’esistenza di circostanze che giustificano il permanere di un obbligo di mantenimento in capo ai genitori.
In caso contrario, può essere ritenuto egli stesso inadempiente all’obbligo di “contribuire, in relazione alle proprie capacità, alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché convive con essa” (art. 315-bis, comma 4, cod. civ.).
Attività di studio
L’ordinamento giuridico tutela le esigenze formative e culturali (artt. 9, 30, 33 e 34 Cost.), per tale motivo ai figli deve essere data la possibilità di concludere i propri studiare, compatibilmente con le possibilità economiche della famiglia di provenienza.
Non si può infatti imporre alla famiglia un contributo eccessivamente gravoso e non rientrante nelle sue concrete possibilità economiche.
Ciò vuol dire che, trascorso un lasso di tempo sufficiente, dopo il conseguimento di un titolo di studio, non potrà più affermarsi il diritto del figlio ad essere mantenuto.
Si può quindi dire che, il diritto al mantenimento viene meno, una volta raggiunta la piena capacità lavorativa, nell’ipotesi di inerzia del figlio a cercare un occupazione lavorativa.
La decisione della Corte di cassazione
Sulla scorta di queste regole di diritto la Corte di cassazione ha rigettato il ricorso, ribadendo il seguente principio «l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli non cessa, ipso facto, con il raggiungimento della maggiore età da parte dei figli, ma perdura immutato finché il genitore non dia la prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero che il mancato svolgimento di un’attività economica dipende un atteggiamento di inerzia ovvero di rifiuto ingiustificato» da parte del figlio. E in questo caso, invece, non vi erano prove di una presunta «colpevole inerzia del figlio maggiorenne».
Orientamento locale: Tribunale di Cagliari
Con la sentenza n. 938 del 20/04/2020 la Prima Sezione civile del Tribunale di Cagliari ha fatto proprio l’orientamento della Corte di Cassazione testè riportato.
Nel caso di specie il Collegio ha ritenuto di applicare la regola generale secondo la quale l’obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli non cessa con il raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi, “ma perdura finché il genitore interessato non dia prova che il figlio ha raggiunto l’indipendenza economica, ovvero è stato posto nelle concrete condizioni per potere essere economicamente autosufficiente, senza averne però tratto utile profitto per sua colpa o per sua scelta”.
In particolare, è necessario che tale accertamento abbia ad oggetto:
- l’età;
- l’effettivo conseguimento di un livello di competenza professionale e tecnica;
- l’impegno rivolto verso la ricerca di un’occupazione lavorativa;
- la complessiva condotta personale tenuta dall’avente diritto dal momento del raggiungimento della maggiore età.
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