di Mauro Trogu
A distanza di quasi trent’anni, la Corte d’Appello di Roma, su richiesta della Procura Generale di Cagliari e dell’avvocato Mauro Trogu, ammette la revisione sulla strage di Sinnai.
L’8 gennaio 1991 sulle montagne di Sinnai nel 1991, nell’ovile Cuile Is Coccus, venivano uccisi con un fucile calibro 12 gli allevatori Gesuino e Giuseppe Fadda, padre e figlio, e il servo pastore Ignazio Pusceddu.
La vicenda
La sera dell’8 gennaio 1991, alle 18,30 qualcuno percorreva a piedi la stradina che, da quella principale, conduce all’ovile Cuile is Coccus, imbracciava un fucile, incrociava Gesuino Fadda, gli sparava e lo uccideva; poco dopo faceva altrettanto col figlio Giuseppe; infine l’assasino entrava nella casupola ricovero per i pastori e ammazzava Ignazio Pusceddu.
Le ultime fucilate sono state dirette contro Luigi Pinna, genero dei Fadda, che si era recato all’ovile per aiutare il suocero in un lavoretto. L’omicida, convinto di aver ucciso tutti, staccava il generatore e se ne andava. Ma Pinna era sopravvissuto.
Dopo aver trascorso la notte lì, col timore che l’assassino tornasse e aver legato un pezzo di tela attorno alla gamba per fermare il sangue, la mattina seguente veniva soccorso da un amico che era arrivato per cercare i Fadda.
Le indagini
Sull’ambulanza che corre verso l’ospedale il sopravvissuto descrive ai carabinieri un uomo «robusto, con un giaccone bianco e una calza da donna sul viso, in mano un fucile a una canna corta». L’inchiesta rilevava subito i contrasti tra i Fadda e gli allevatori di Burcei – tra i quali Beniamino Zuncheddu – che utilizzano il confinante ovile Masone Scusa, a pochi chilometri di distanza. Da anni gli sconfinamenti di bestiame suscitavano le proteste dei Fadda.
In un crescendo di violenza, i cani comprati dalle vittime per allontanare gli ovini altrui venivano uccisi e impiccati; i Fadda più volte avevano sparato contro le bestie dei rivali e in un’occasione erano andati da loro armati di roncola e bastone; una lite risoltasi in una scazzottata.
Pinna, dopo l’iniziale ritrosia, raccontava tutto al pubblico ministero e modificava la sua versione originaria dei fatti sostenendo che il killer era a volto scoperto e che si trattava di Zuncheddu.
Gli alibi
Il pastore di Burcei ha un alibi dalla sua parte: la sera del delitto si trovava con le pecore in montagna assieme a un amico, rientrava a Burcei «col buio», si lavava e andava a casa di un’amica per rimanervi sino alle 22,30. I giudici, tuttavia, rilevavano esserci un buco di oltre un’ora e mezza: a loro dire, arrivato in paese alle 17,45 Zuncheddo avrebbe avuto il tempo di prepararsi e di tornare all’ovile (mezz’ora di viaggio), portare a termine la strage, rientrare a casa, lavarsi e recarsi dall’amica dove giungeva intorno alle 19,15.
Non bastasse il testimone, a suo carico venivano individuati due ulteriori elementi:
- un alibi ritenuto inattendibile (i due testimoni che l’avevano visto a Burcei proprio alle 18,30 vennero definiti falsi);
- le minacce ai Fadda (che avevano sparato alle bestie di Masone Scusa): «Se facessero a voi quel che fate alle vacche…».
La sentenza definitiva ha quindi individuato il colpevole nel pastore Beniamini Zuncheddo in carcere da 29 anni.
La spedizione sarebbe stata stata organizzata, secondo gli inquirenti, al termine dell’escalation di minacce e intimidazioni tra le due famiglie. Zuncheddu, secondo la sentenza, aveva chiuso i conti. Ma il pastore condannato all’ergastolo ha sempre dichiarato la propria innocenza
Le due verità sulla strage di Sinnai
Questo caso si compone di due verità: quella processuale e quella del detenuto. Per i giudici il pastore di Burcei è, in via definitiva, il responsabile della strage. Il sopravvissuto alla mattanza, nonostante un’iniziale versione diversa, in seguito ha sempre fatto il suo nome: «È stato lui». Zuncheddu viceversa continua a sostenere la propria innocenza.
L’opinione pubblica è divisa. A Burcei sono ancora convinti dell’estraneità del compaesano al triplice omicidio. Le famiglie dei morti ammazzati, vere vittime di questa vicenda, sono convinte invece che l’assassino sia lui. La giustizia avrebbe fatto il suo corso e ha individuato in Zuncheddu il responsabile.
La riapertura delle indagini
Il procuratore generale Francesca Nanni, dopo i documenti depositati dall’avvocato Mauro Trogu per conto del pastore, ha deciso di approfondire la vicenda.
Presso il Palazzo di giustizia di Cagliari è stato convocato e ascoltato il sopravvissuto e i carabinieri hanno eseguito un nuovo sopralluogo nell’ovile Cuile is Coccus per verificare posizione dei cadaveri, dislocazione di locali, stalle, fienili. Infine è stata rinvenuta una vecchia lettera nella quale una persona rimasta anonima indicava una strada diversa da quella percorsa dagli inquirenti per risolvere il giallo.
Il processo di revisione sulla strage di Sinnai
Alla conclusione delle indagini effettuate dalla Procura Generale di Cagliari e dall’avvocato Mauro Trogu è stata presentata la richiesta di revisione presso la Corte d’Appello di Roma.
Dopo soli due mesi dalla richiesta la Corte ha ammesso la revisione per la strage di Sinnai.
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